Roma, 16 ott 2008 - Nelle Università di Bologna, Firenze e Pisa si segnalano le prime occupazioni. A Roma migliaia in corteo: protesta anche alla stazione Termini. A Bologna, lezione in piazza del liceo Minghetti contro la riforma Gelmini
ROMA - Clima sempre più caldo negli atenei italiani. Per protestare contro la legge 133/08 continuano i vari sit-in e manifestazioni nelle varie città italiane. E si registrano anche le prime occupazioni. A Roma una affollatissima assemblea all'aperto alla Sapienza si è trasformata in un corteo diretto verso il ministero dell'Economia. Migliaia di studenti sono poi arrivati alla stazione Termini, che hanno occupato per qualche minuto
E c'è attesa per la manifestazione dei Cobas domani nella capitale.
Oggi è il turno dell'Aquila, dove gli studenti si riuniranno in un'assemblea promossa dall'Unione degli Universitari - L'Aquila (Udu L'aquila) nella Facoltà di Ingegneria. A Ferrara, gli studenti si riuniranno per una ulteriore assemblea organizzata dalla Rete Universitaria Attiva - Unione degli Universitari Ferrara (Rua-Udu Ferrara). A Lecce, assemblea generale studentesca promossa dall'Unione degli Universitari - Lecce (Udu-Lecce).
A Roma gli universitari della Sapienza sono in assemblea davanti al rettorato e chiedono il blocco della didattica. Tre-quattromila studenti sono riuniti nel piazzale della Minerva dove sono confluiti cortei provenienti da quattro facoltà. La riunione si doveva tenere nell'aula magna ma si è preferito farla all'aperto per il numero dei presenti.
"Sono al fianco degli studenti, ma la Protesta di per sè non risolve il problema, dobbiamo fare proposte concrete al governo per imporre un confronto", ha affermato prendendo la parola il preside di medicina e rettore in carica dal prossimo 31 ottobre, Luigi Frati. "La mobilitazione che c'è in tutta Italia, comunque - ha detto Frati - imporrà una riflessione al governo a cui penso vada presentata una piattaforma di proposte". Secondo il futuro rettore, infatti, "bloccare le lezioni per un giorno non serve, bloccarle a lungo danneggia i ragazzi e comunque sono decisioni che vanno prese in modo collegiale, non decide uno solo". Al termine dell'assemblea gli studenti sono partiti in corteo verso il ministero dell'Economia. Alla manifestazione partecipano anche i ricercatori e alcuni docenti. "Siamo in diecimila", dicono gli organizzatori. Molte le persone che si sono affacciate dalle finestre per salutare il corteo.
A Firenze invece gli studenti e i docenti hanno organizzato lezioni in piazza per coinvolgere la cittadinanza. Ieri gli studenti dell'Udu hanno occupato l'edificio D5 di Novoli. Rimangono occupate anche la facoltà di Agraria, il polo scientifico di Sesto Fiorentino e il dipartimento di Matematica Ulisse Dini. A Pisa un corteo di circa 200 studenti universitari e medi ha bloccato tra le 11,20 e le 11,40 alcuni binari della stazione. Il corteo è arrivato alla stazione dopo aver percorso alcune strade del centro storico urlando slogan contro il governo e contro la riforma Gelmini. Ieri, in una affollatissima assemblea, il rettore ha annunciato che la cerimonia di apertura dell'anno accademico salterà.
A Genova prosegue il blocco della didattica nella facoltà di Lettere. Assemblee in corso a Scienze politiche, Giurisprudenza e Lingue. Nel pomeriggio altre assemblee a Medicina, Scienze matematiche fisiche e naturali. Possibile il blocco della didattica a Ingegneria. Sempre nel pomeriggio a Lettere dibattito con studenti e genitori delle scuole di ogni grado. Domani la città sarà attraversata da tre cortei.
A Verona lezioni sospese per tutto il mese di ottobre: lo ha deciso all'unanimità il consiglio di facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali dell'università di Verona. "E' insopportabile essere destinatari di tagli indiscriminati - spiega il preside Roberto Giacobazzi - del tutto indipendenti dalla qualità della nostra ricerca e della nostra didattica".
Infine a Bologna prosegue l'occupazione lanciata al termine dell'assemblea d'ateneo nella facoltà di Lettere cominciata ieri nel tardo pomeriggio.
La protesta nelle scuole. Ieri, mentre in decine e decine di scuole, elementari e medie, circoli e istituti comprensivi in tutta Italia, si protestava con la 'Notte bianca' contro la riforma Gelmini, la commissione Affari costituzionali del Senato dava parere favorevole al decreto. Un via libera arrivato con i soli voti della maggioranza visto che Pd, Idv e Udc hanno votato compattamente contro e hanno denunciato profili a loro avviso incostituzionali del decreto che riformuleranno per l'Aula come pregiudiziali.
Sempre nella giornata di ieri il ministro Gelmini è salita al Quirinale per un colloquio con Napolitano. Non si placa, intanto, la polemica per una mozione della Lega per introdurre classi ad hoc per gli studenti immigrati ha scatenato un putiferio, con una levata di scudi da parte dell'opposizione e dei sindacati. ''Stiamo lavorando per fare un grande sciopero perché non condividiamo affatto le scelte del governo e, attraverso la mobilitazione, vogliamo chiedere le modifiche al piano dell'esecutivo'', ha detto stamane il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.
Intanto cresce l'attesa per la manifestazione che attraverserà domani Roma in occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati autonomi. "Sarà il più partecipato di tutta la storia del sindacalismo antagonista", ha detto il portavoce nazionale dei Cobas della Scuola, Piero Bernocchi, in merito al corteo che partira da Piazza della Repubblica alle 10, per arrivare a San Giovanni. Bernocchi ha sottolineto come "da tutta Italia una marea di lavoratori e lavoratrici convergerà a Roma con centinaia di pullman, treni, navi e con migliaia di automezzi privati".
Se una pantera si rimette in libertà
di Francesco Raparelli su Carta quotidiano, 16 ottobre 2008
Le notizie corrono veloci, centinaia in assemblea, migiaia nei cortei spontanei e continui che bloccano le lezioni e spesso irrompono nella città occupando le strade e bloccando il traffico. Da Roma a Pisa, da Napoli a Padova, da Milano a Bologna, da Perugia a Torino, le facoltà e gli atenei cominciano le mobilitazioni contro la legge 133, la finanziaria che, tra l’altro, intende dismettere l’università pubblica.
Della legge 133 abbiamo parlato spesso nelle ultime settimane, nulla a che vedere con una riforma organica, piuttosto tre articoli che minano alle fondamenta l’università pubblica così come l’abbiamo conosciuta:
riduzione drastica del fondo di finanziamento ordinario [Ffo];
blocco del turn-over [per ogni 5 docenti che vanno in pensione solo un ricercatore potrà diventare
docente];
trasformazione delle università in fondazioni private.
Elementi decisivi che si aggiungono al fallimento, ormai da tutti dichiarato, del 3+2, la riforma Zecchino-Berlinguer, e al de-finanziamento della ricerca. Dunque, l’atto conclusivo di un lungo processo bipartisan: la formazione intesa in modo complessivo, dalla ricerca alla scuola.
La legge 133, infatti, segue il decreto Moratti che nell’autunno del 2005 ha precarizzato la ricerca e lavora di concerto con il decreto Gelmini, in questi giorni al voto di fiducia, che condanna alla disoccupazione almeno 150mila insegnanti precari [bloccando il turn-over], impone il maestro unico tagliando il tempo pieno, reintroduce il grembiule e il voto di condotta.
Così come l’offensiva è bipartisan altrettanto in questi giorni si stanno affermando straordinari esperimenti di lotta: dalle scuole elementari - nell’inedita alleanza tra genitori, insegnanti e bambini - agli istituti di ricerca, dalle università alle scuole medie superiori.
Decine di cortei, prime occupazioni nelle scuole e nelle facoltà. Proprio nelle facoltà cominciano a segnare il passo i movimenti: oggi la giornata di mobilitazione indetta dalla Rete UniRiot, ma già dall’inizio della settimana gli appuntamenti di discussione e conflitto si sono moltiplicati. Assemblee partecipatissime e radicali nei toni: una nuova generazione di studenti, a volte poco politicizzata, di certo molto pragmatica e per nulla ideologica, fa esperienza della propria precarietà e dell’assenza di futuro alla quale le classi dirigenti, politiche ed economiche, vogliono destinarla.
Con determinazione si urla nei cortei «Non saremo noi a pagare la vostra crisi», il riferimento è alla crisi economica e alle ricette che Banche centrali e governi stanno adottando per salvare i mercati finanziari: mentre università e ricerca sono stati de-finanziati per anni, nel nome del risanamento di bilancio, oggi i contribuenti e le casse pubbliche vengono spremute per nazionalizzare le banche e per socializzare le perdite compiute dalla speculazione selvaggia. Un paradosso inaccettabile che smuove la rabbia degli studenti, ma anche di dottorandi, ricercatori e docenti.
Al pari del 2005 il mondo dell’università trova elementi di convergenza unitaria, tutti sentono a rischio il proprio presente e il proprio futuro. Oggi più del 2005 il ruolo degli studenti è decisivo: sono loro per primi che vedono sfumare ogni prospettiva di futuro, sono loro per primi che sentono di dover giocare una partita fondamentale. Il movimento del 2005 riuscì per diverse settimane ad occupare le facoltà, ma non riuscì a coinvolgere altre figure sociali nel conflitto. Docenti e ricercatori, per parte loro, abbandonarono il campo dopo l’approvazione del decreto, nella speranza che il cambio di governo imminente potesse garantire trasformazioni positive.
Ma la disastrosa esperienza del secondo governo Prodi e del ministero Mussi ha dimostrato che l’università e la ricerca non hanno governi amici e che solo i conflitti possono cambiare le cose. I movimenti che si stanno sviluppando sanno che non c’è alcuna sinistra possibile in grado di sostenere l’università pubblica di fronte alla catastrofe.
La consapevolezza, dunque, è che dalla catastrofe ci si salva mettendosi in gioco, conquistando spazio con le pratiche di conflitto e di libertà. «Né stato né mercato» questo slogan ricorre più volte nelle discussioni assembleari, nulla della vecchia università è conservabile come tale: la dequalificazione determinata dal 3+2, la distribuzione feudale e nepotistica del potere, la povertà di stimoli e la debolezza della ricerca. Piuttosto l’esigenza condivisa è quella di progettare un’altra università che sappia definire un nuovo campo di decisione comune e democratica sul sapere e sulle forme della cooperazione scientifica.
C’è una strana ricorrenza che da diversi anni accompagna le grandi esplosioni universitarie: la fuga di una pantera. Accadde nel ’90, di lì il nome assunto dal movimento, accadde nel 2005. Sembrerà strano ma una pantera è scappata in Irpinia, la notizia è di qualche giorno fa.
Speriamo che anche questa pantera libera porti con se la libertà del sapere e le occupazioni degli studenti.
Tratto da:
● Le università in rivolta
su La Repubblica.it, 16 ottobre 2008
giovedì 16 ottobre 2008
Le Università in rivolta
Etichette:
Movimenti studenteschi
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