martedì 30 settembre 2008

Ancora tensioni a Chiaiano


Napoli, 30 set 2008 - Nuove tensioni sono esplose oggi a Chiaiano durante il sit-in svoltosi davanti alla cava che, nei progetti, dovrebbe ospitare la discussa discarica.

I cittadini, con la loro protesta, hanno cercato di impedire l'accesso alla cava a quattro camion dell'esercito che portavano la ghiaia necessaria alla prosecuzione dei lavori. La polizia in tenuta antisommossa si è schierata e ha aperto la strada ai mezzi. Alcune persone sono state fermate e portate in commissariato per l'identificazione, tra queste anche l'ex sindaco di Giugliano Mauro Bertini. Ai manifestanti, tale sproporzionata contromisura, è sembrata un atto intimidatorio da parte delle autorità in previsione della visita del Presidente del Consiglio di domani a Napoli. Ne potrebbe essere una conferma il fatto che durante il pomeriggio sono arrivati a più riprese i “rinforzi”per le forze di polizia.
Anche in quest’occasione il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla gestione dei rifiuti Guido Bertolaso ha espresso dissenso e ha ribadito la sua presa di distanza dai cittadini, biasimandoli di “voler far vedere che esistono ancora” e " a protestare contro la discarica di Chiaiano sono gli stessi che mi hanno impedito di lavorare durante il governo Prodi. Mi sembra che sono stati mandati a casa dagli italiani nel corso delle ultime elezioni".

Da segnalare, inoltre, l’ulteriore presidio da parte delle forze militari nell'area del Formicoso, diventata 'zona di interesse nazionale' e futura sede di un'altra discarica che dovrebbe ospitare rifiuti per circa un milione di metri cubi.


di Susanna Ambivero


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lunedì 29 settembre 2008

Jatevenne day .... il giorno dopo


Chiaiano, 27 set 2008 - Cronaca di quella che doveva essere una pacifica manifestazione cittadina raccontata da Nicola Spampinato, membro del Meetup di Roma e partecipante allo “Jatevenne day”.

Chiaiano - ore 16.30

Arrivo di corsa con la moto... ovviamente in ritardo grazie alla mia profonda conoscenza dello stradario napoletano.

Il corteo inizia con striscioni, danze, canti ed inni....
Girano voci (al microfono, con casse etc, quindi lo vedrete nei servizi) che la polizia abbia fatto sequestrare tutte le protezioni di gommapiuma (credevano fosse plastico?), del plexiglass (pericolosissimo) ed un paio di persone (???)

Tutto prosegue in tranquillità, anche perché siamo scortati da una delegazione di poliziotti in assetto da combattimento e con l'espressione tipica del macho (ti spiezzo in due). Grazie a loro, nessuno è venuto a darci fastidio (che teneri) ed il corteo è avanzato con tranquillità fino alla meta. Da notare l'intervento di Paul Connect (si scrive così?) al grido di "Why not Naples?"... e lo saccio io perché not Naples.

Da notare anche alcuni slogan decisamente non corretti e decisamente provocatori (ragazzacci... tottò sul culetto la prossima volta)

Finalmente la cava.

L'obiettivo è proporre una delegazione che possa entrare e constatare che diamine sta succedendo...
Per fortuna anche lì era pieno di polizia...
Ma qualcosa non funziona... hanno sequestrato le protezioni, ma loro sono tutti (e quando dico tutti, intendo taaaaanti) in tenuta antisommossa... Sicuramente per il freddo o l'umidità.
Guardo meglio... sono armati fino ai denti con manganelli e mitra. Beh, niente male per una manifestazione pacifica.
Cerco di individuare intorno a me il pericolo che possa giustificare un tale spiegamento di forze... ed ecco che lo noto... noooo, non mi riferisco ai ragazzetti che girano tra la gente a dare spintoni, perfettamente identificabili dai video che vedremo girare, anche se erano vestiti da ninja. Mi riferisco al pericolo costituito dal 70% dei presenti, ovvero pericolosi terroristi travestiti da bambini di 10 anni, da mamme e da ultracinquantenni che digrignano minacciosi i loro denti al grido di "Basta che ce sta 'u soleee, basta che ce sta u mare".

Tornando con lo sguardo ai ninja, mi accorgo che continuano ad attaccare briga e ad innervosire la gente. Se ne accorgono anche i poliziotti, ma sono troppo impegnati ad osservare le culle con i bimbi kamikaze.

Iniziano le trattative... io cammino nervosamente tra la prima fila e il centro della folla. Guardo gli occhi dei poliziotti e cerco di capire se sono d'accordo con quello che stanno per fare.
Ho paura... e forse hanno paura anche loro. Voi non ne avreste con un mitra in mano ed una folla di gente assatanata con l'assurda pretesa di non fare distruggere il proprio territorio?

Prima carica della polizia...

"In che senso?" - direte voi
"in quello" - dico io
E vengo travolto da un mucchio di gente che scappa. Da che? Boh, forse qualcuno ha starnutito.
In molti rimangono. Si riprendono le posizioni. Si riprendono le trattative.

Ve la faccio breve...

Dal furgoncino blu (quello con i microfoni e le casse ... per intenderci) arriva la notizia che il governo ("il governo"???) ha deciso di interrompere qualsiasi trattativa (è come se "il governo" decidesse di interrompere le trattative per farmi entrare a casa mia... vabè).

Non fanno in tempo a finire la frase che la polizia si incazza... per? Rimango sbalordito. Non ho visto nulla di ciò che raccontano i giornali; né sassaiole; ne bombe; né carri armati. Ho visto solo la polizia caricare per la seconda volta la folla; ho solo visto una pioggia di lacrimogeni; ho solo visto giovani, donne e bambini scappare.
DONNE E BAMBINI!
Scappare da qualcuno che sparava lacrimogeni in mezzo alla gente che aveva solo protezioni per la testa (le altre sappiamo dove erano finite).
Forze dell'ordine dietro... ma anche davanti... tant'è che alla fine non capivo più chi stava rincorrendo chi.
Scappo; cado, mi faccio male a una mano. Non contento mi rialzo e torno indietro per scattare qualche foto alla carica, ma reggo ben poco, tra la gente che mi travolge e i lacrimogeni che iniziano a fare il loro effetto.
Ad un tratto vedo finalmente il vero contrattacco... qualcuno da una posizione laterale lancia una BOOOOMBA verso la polizia.... pum! bravo, bella bomba, ma non lo dire ai tuoi compagni di scuola che vai alle manifestazioni con le miccette, altrimenti ti prendono per il culo a vita. Se facevo un rutto li spaventavo di più.

La gente continua ad arretrare. Viene organizzata un'assemblea al presidio temporaneo mentre in molti coprono la fuga rovesciando bidoni per non far passare le camionette (quelle sì che sono pesanti).

Vado a prendere la moto, la giacca con le protezioni ed il casco.
Torno verso la polizia per vedere.

Nella mente una sola frase: "Oh, mio dio... perché l'hanno fatto?"
Ho paura; non sono abituato a queste cose; non sono abituato a rischiare di essere massacrato da chi viene pagato per difendermi; non sono abituato ad uno stato che fa ciò che gli pare con le mie risorse; non sono abituato a veder sfollare donne e bambini con la forza.

Mi avvicino di nuovo, ma faccio ridere i polli. Davanti a me si staglia uno schieramento in tenuta antisommossa, armi etc. Sembra di stare allo stadio.... ma durante la guerra. Sento l'unica frase da parte di uno dei Rambo presenti. "Ma ve ne volete andare o no? io devo andare a cenare"... ovviamente l'ho scritta in italiano per renderla comprensibile ai più.

Parliamo di numeri (ovviamente non li ho contati, ma provo a sparare anche io... perché loro sì e io no?)
Presenti nel corteo: 3000 persone
Polizia durante il corteo: 100 unità + camionette varie (con il ripieno)
Presenti alla prima carica: 2000 persone e 200 unità in tenuta anti sommossa
Presenti alla seconda carica: 1000 persone e 200 unità (sempre in costume di carnevale)
Presenti quando ho finito di vomitare anche l'anima: 200 persone e un mare di polizia (da dove mincha sono usciti?).

Con un rapporto di questo tipo, potevamo mettere in piedi un torneo di scopa.

Ovviamente prendete i numeri con le molle; ero lì in mezzo e non ho potuto contare bene (sapete... sono inesperto).
Ad ogni modo, c'erano telecamere e giornalisti ovunque.
Presto sapremo la verità...
...
AHAHAHAHAHAH!!!!

Ragazzi, prendete anche i giornali ... con le molle.
Hanno parlato di sassaiola (la miccetta del ragazzino che faceva l'eroe)
Hanno parlato di vandalismo (i secchi rivoltati dopo la seconda carica, per proteggere la gente che stava scappando)
Hanno parlato di un sacco di cose, ma lì con me c'era almeno un giornalista. Lo sentivo fare la cronaca al telefono, e vedeva quello che vedevo io; e diceva quello che vi ho detto io.

Molti non sono stati 'politicamente corretti', ma dalle forze dell'ordine mi sarei aspettato un po' più di calma. LORO erano armati e ben protetti... in fondo.

Detto ciò mi chiedo a cosa serva litigare ancora su uno stupido forum che invece dovrebbe essere la base per organizzare una rinascita....
... ma la base è fatta soprattutto di persone.
Guardiamoci dentro.

"Perché l'hanno fatto?

- E' doveroso postare due precisazioni che mi sono state fatte notare.
1) qualcuno (saranno stati i ninja) ha lanciato qualcosa (cmq nessuna sassaiola) contro la polizia dopo il primo scontro.
2) ciò che io ho scambiato per un petardo, erano in realtà 3 bombe carta. Probabilmente la paura e i lacrimogeni non mi ha fatto valutare correttamente il numero delle esplosioni e l'entità.
Appunto per i posteri: quando identificate gente 'pericolosa',isolatela.
"


di Nicola Spampinato



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venerdì 26 settembre 2008

Progetto Ederle 2: perché raddoppia la base USA?


Vicenza, 21 set 2008 - Progetto Ederle 2. A confronto i motivi che hanno spinto a questa scelta e le ragioni per dirgli no. Quale è il limite tra alleanza e vassallaggio?

A Vicenza si sta lottando in difesa delle libertà di scelta e autodeterminazione di una città. Il prossimo 5 ottobre i cittadini saranno chiamati ad esprimere, tramite un referendum consultivo indetto dal comune capitanato da Achille Variati, già giovane sindaco della città berica negli anni Novanta e vicino al PD, la loro adesione o meno al progetto “Ederle 2”, che vuole il raddoppio della base americana locale. Vicenza e le zone limitrofe ospitano diversi siti militari americani: oltre alla caserma Ederle, il Site Pluto a Longare, la base al Tormeno, i magazzini a Torri di Quartesolo e la housing area a Vicenza Est. Intenzione del Pentagono è quella di trasformare la città nella base logistica più importante dell'esercito statunitense in Europa, a diretta portata - è il pensiero di molti - delle future possibili guerre interne allo scenario mediorientale.
Il punto di allargamento degli esistenti impianti è stato individuato a nord del capoluogo veneto, nei pressi dell'aeroporto Dal Molin: il progetto prevede 600mila metri cubi di nuove costruzioni militari, situate al centro di una città patrimonio dell'Unesco. Col placet dei governi di Romano Prodi e di Silvio Berlusconi e col laissez-faire della scorsa amministrazione comunale vicentina i passi verso “Ederle 2” sono stati fatti nonostante il disagio dei cittadini. Poi, qualcosa è cambiato: nato il gruppo “No Dal Molin”, si sono diffuse informazione e protesta; sono state organizzate manifestazioni, festival e occupazioni di dissenso, le ultime delle quali represse con violenza in un disegno allarmante che unisce oggi Chiaiano (NA) al cuore del Nordest. Il sindaco Variati, in carica da sei mesi, ha impugnato la vicenda e promosso un referendum consultivo: il ricorso al Tar del Veneto voluto dagli oppositori al referendum (il comitato "Sì Dal Molin", che ora punta al Consiglio di Stato) ha dato ragione al primo cittadino e a tutto il movimento d'opposizione. A pronunciarsi saranno per la prima volta gli abitanti di Vicenza: occorrono 35.000 votanti per raggiungere il quorum e non è ancora chiaro se i numeri necessari si raggiungeranno. Il referendum vorrebbe avvallare l'acquisto, da parte del comune, dell'area interessata al progetto USA. Intanto, Paolo Costa, commissario straordinario per il Dal Molin (voluto da Prodi e riconfermato da Berlusconi), si esprime così dalle pagine del Giornale di Vicenza: «L’area è già stata destinata a un uso demaniale nel momento in cui è stata messa a disposizione degli americani e quindi non può essere ceduta». E ancora: «Questo referendum è intrinsecamente antidemocratico perché teso a rendere inefficiente la nostra democrazia opponendosi alle istituzioni nazionali, le sole titolate a decidere in materia di politica estera e di difesa per conto dell’intera comunità. Non è un problema di democrazia diretta o di democrazia rappresentativa, è che in materia di politica estera e di difesa il “potere del popolo” si esercita solo attraverso il livello di governo nazionale. Per questo il referendum voluto dal sindaco Variati è un esercizio antidemocratico, poiché cerca di prevaricare l’interesse nazionale in nome di un interesse locale non costituzionalmente tutelato. A Vicenza sembrano non voler capire e vanno avanti dicendo chissenefrega. Ma credo che siano molti i vicentini in grado di capire e distinguere». Quello che, personalmente, capisco è che Vicenza deve accettare passivamente una decisione totalmente imposta e senza beneficio alcuno per la sua crescita. Qual'è l'attuale urgenza di politica estera che spinge a calpestare il volere e il sentire di tantissimi cittadini? Non esiste urgenza.

Perché allora dire “no” all'allargamento “Ederle 2”?

Perché ogni città è sovrana e responsabile del suo territorio e dovrebbe poterne decidere le sorti senza pressioni calate dall'alto. Perché l'industria bellica americana non dovrebbe dettar legge in altri Paesi e perché i suoi intenti sul fronte mediorientale preoccupano il mondo civile ed evidentemente preoccupano buona parte di Vicenza, che già ha visto le sue basi sfruttate per la guerra nei Balcani e, forse, teme d'assistere a copioni peggiori in caso di attacchi alla Siria o all'Iran, eventualità che recentemente il giornalista Massimo Fini ha dato a suo avviso per probabili. Ma non vi sono solamente ragioni ideologiche, o d'opinione. Il cattivo funzionamento delle basi USA impatta l'ambiente in maniera notevolmente negativa e porta Vicenza a sobbarcarsi enormi costi di mera sudditanza.
Questi dati si riportano sul sito ufficiale del movimento “No Dal Molin” e nella relativa pagina Facebook in merito ai progetti per "Ederle 2".
Elettricità: l’allacciamento della corrente elettrica costerebbe 9.360.000 euro, di cui poco più di un quindicesimo pagato dagli statunitensi, tutto il resto (8.730.000 euro) dall’AIM, ovvero dai vicentini. Inoltre, le basi USA acquistano l’energia elettrica in esenzione di tasse e con tariffe agevolate.
Fognature: l’allacciamento alla rete fognaria costerebbe ancora di più e sarebbe interamente a carico di AIM, cioè dei vicentini. In aggiunta, i costi per l’utilizzo del depuratore (oltre 500.000 euro annui) se li aggiudicherebbero i vicentini, di nuovo. Acqua: la nuova base USA ha chiesto da un minimo di 60 ad un massimo di 260 litri/secondo. AIM oggi può servire 7 litri/secondo e con una nuova linea potrebbe arrivare a 30. La quantità d’acqua richiesta è troppo onerosa per la nostra falda acquifera. Senza contare che i costi, circa 350.000 euro, sarebbero sostenuti dai vicentini tramite AIM.
Gas: lo fornirebbero AIM-AMCPS, usando le tasse dei vicentini.
Telefonia: lo stesso.
Immondizie: allo smaltimento di rifiuti e immondizie provvederebbe ancora AIM.
Strade: alla manutenzione delle strade penserebbe invece AMCPS (vicentini paganti, ancora).
Spese di gestione: il 41% dei costi di gestione delle basi Usa sono a carico del Paese che le ospita. Solo per la Ederle l’Italia paga già 65 milioni di euro annui.
Consumi, spese e bollette: ma possibile che non ci guadagniamo nemmeno un euro? Gli statunitensi non portavano “schei”? Sì un po’ di soldi ne portano, anche se nulla in confronto a quelli che fanno spendere. Ma il problema principale è: dove vanno a finire questi dollari?
Affari: generalmente intorno alle basi USA, autosufficienti in tutto, non fioriscono attività commerciali.
Posti di lavoro: oggi circa 700 cittadini vicentini lavorano direttamente per gli statunitensi, con stipendi per 23 milioni di euro annui. Ma se i 65 milioni di euro/anno da noi spesi per mantenere la Ederle venissero investiti in Sanità, Protezione Civile, Scuola e altri servizi per la cittadinanza si creerebbero oltre 2000 posti di lavoro.
Investimenti: dei 475 milioni di euro definitivamente destinati dal Congresso Americano ad opere edili (tra cui costruzione della nuova base militare ed alloggi per le famiglie dei soldati, ristrutturazione Ederle e Site Pluto) solo 45 milioni li guadagnerebbero ditte vicentine, mentre il grosso del bottino, ben 430 milioni di euro, andrebbe a C.m.c. e Lega delle Cooperative, altre ditte non venete e ditte straniere.
Spese annuali sul territorio: attualmente, le entrate che la città registra grazie all’utilizzo di infrastrutture, beni e servizi e agli affitti statunitensi sono pari a 127 milioni di euro. Dopo la realizzazione di nuovi villaggi, strutture ricreative ed altri aggiustamenti tecnici previsti, le spese statunitensi sul territorio si ridurrebbero da 127 a 50 milioni di euro/anno. Le 13.400 aziende che operano a Vicenza fatturano 7.000 milioni di euro/anno. Questi 50 milioni rappresenterebbero lo 0,7% dell’economia vicentina.
Inquinamento: secondo l’EPA (l’agenzia per la protezione dell’ambiente incaricata dal Congresso statunitense di potenziare e far rispettare le leggi in materia) le basi militari rappresentano il maggior inquinatore degli Stati Uniti, producono rifiuti dal gravissimo impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini (si pensi ai periclorati e al TCE). Gli ordini imposti dell’EPA sono stati in passato disattesi dal Pentagono che si è rifiutato di bonificare basi e firmare accordi previsti per legge.
Falda acquifera: data la scarsa consistenza del terreno su cui si è scelto di costruire l’insediamento militare, risulterebbe necessario piantare migliaia di pali di consolidamento fino ad una profondità di venti metri. Questi, uniti al previsto tunnel della “tangenziale nord” che passerebbe sotto alla base militare (a circa 40 metri di profondità), creerebbero una barriera allo scorrimento dell’acqua che costituisce la preziosa falda acquifera che serve le zone di Vicenza, Padova e Rovigo. A nord della barriera la falda crescerebbe mentre a sud subirebbe un abbassamento.
Abitazioni e capannoni industriali: queste modificazioni della falda e del terreno porterebbero le costruzioni ad abbassarsi da un lato e ad alzarsi dall’altro. Pochi millimetri possono essere sufficienti a provocare danni ingenti ad ogni tipo d’edificio. Impunità: come insegna il Cermis, i reati commessi da soldati statunitensi, anche all’esterno delle basi, non sono soggetti alla giurisdizione italiana.
Sofferenza psichica: i casi di disagio sociale e mentale non si contano tra i reduci di guerra. Vicenza ha conosciuto prima di altre città la diffusione di droghe pesanti, proprio grazie ai reduci del Vietnam.

Chiedo: qual'è il limite fra alleanza e vassallaggio?


di Alessio Masahiko



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Saviano: tra killer e omertà


Castelvolturno, 22 Set 2008 - Roberto Saviano, lettera a Gomorra tra killer e omertà.
Il grido d'accusa dello scrittore dopo la strage di Castelvolturno: "Davvero pensate che nulla di ciò che accade dipenda dal vostro impegno?"


I responsabili hanno dei nomi. Hanno dei volti. Hanno persino un'anima. O forse no. Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia, Emilio di Caterino, Pietro Vargas stanno portando avanti una strategia militare violentissima. Sono autorizzati dal boss latitante Michele Zagaria e si nascondono intorno a Lago Patria. Tra di loro si sentiranno combattenti solitari, guerrieri che cercano di farla pagare a tutti, ultimi vendicatori di una delle più sventurate e feroci terre d'Europa. Se la racconteranno così.

Ma Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia, Emilio di Caterino e Pietro Vargas sono vigliacchi, in realtà: assassini senza alcun tipo di abilità militare. Per ammazzare svuotano caricatori all'impazzata, per caricarsi si strafanno di cocaina e si gonfiano di Fernet Branca e vodka. Sparano a persone disarmate, colte all'improvviso o prese alle spalle. Non si sono mai confrontati con altri uomini armati. Dinnanzi a questi tremerebbero, e invece si sentono forti e sicuri uccidendo inermi, spesso anziani o ragazzi giovani. Ingannandoli e prendendoli alle spalle.

E io mi chiedo: nella vostra terra, nella nostra terra sono ormai mesi e mesi che un manipolo di killer si aggira indisturbato massacrando soprattutto persone innocenti. Cinque, sei persone, sempre le stesse. Com'è possibile? Mi chiedo: ma questa terra come si vede, come si rappresenta a se stessa, come si immagina? Come ve la immaginate voi la vostra terra, il vostro paese? Come vi sentite quando andate al lavoro, passeggiate, fate l'amore? Vi ponete il problema, o vi basta dire, "così è sempre stato e sempre sarà così"?

Davvero vi basta credere che nulla di ciò che accade dipende dal vostro impegno o dalla vostra indignazione? Che in fondo tutti hanno di che campare e quindi tanto vale vivere la propria vita quotidiana e nient'altro. Vi bastano queste risposte per farvi andare avanti? Vi basta dire "non faccio niente di male, sono una persona onesta" per farvi sentire innocenti? Lasciarvi passare le notizie sulla pelle e sull'anima. Tanto è sempre stato così, o no? O delegare ad associazioni, chiesa, militanti, giornalisti e altri il compito di denunciare vi rende tranquilli? Di una tranquillità che vi fa andare a letto magari non felici ma in pace? Vi basta veramente?

Questo gruppo di fuoco ha ucciso soprattutto innocenti. In qualsiasi altro paese la libertà d'azione di un simile branco di assassini avrebbe generato dibattiti, scontri politici, riflessioni. Invece qui si tratta solo di crimini connaturati a un territorio considerato una delle province del buco del culo d'Italia. E quindi gli inquirenti, i carabinieri e poliziotti, i quattro cronisti che seguono le vicende, restano soli. Neanche chi nel resto del paese legge un giornale, sa che questi killer usano sempre la stessa strategia: si fingono poliziotti. Hanno lampeggiante e paletta, dicono di essere della Dia o di dover fare un controllo di documenti. Ricorrono a un trucco da due soldi per ammazzare con più facilità. E vivono come bestie: tra masserie di bufale, case di periferia, garage.

Hanno ucciso sedici persone. La mattanza comincia il 2 maggio verso le sei del mattino in una masseria di bufale a Cancello Arnone. Ammazzano il padre del pentito Domenico Bidognetti, cugino ed ex fedelissimo di Cicciotto e' mezzanotte.

Umberto Bidognetti aveva 69 anni e in genere era accompagnato pure dal figlio di Mimì, che giusto quella mattina non era riuscito a tirarsi su dal letto per aiutare il nonno. Il 15 maggio uccidono a Baia Verde, frazione di Castel Volturno, il sessantacinquenne Domenico Noviello, titolare di una scuola guida. Domenico Noviello si era opposto al racket otto anni prima. Era stato sotto scorta, ma poi il ciclo di protezione era finito. Non sapeva di essere nel mirino, non se l'aspettava. Gli scaricano addosso 20 colpi mentre con la sua Panda sta andando a fare una sosta al bar prima di aprire l'autoscuola. La sua esecuzione era anche un messaggio alla Polizia che stava per celebrare la sua festa proprio a Casal di Principe, tre giorni dopo, e ancor più una chiara dichiarazione: può passare quasi un decennio ma i Casalesi non dimenticano.

Prima ancora, il 13 maggio, distruggono con un incendio la fabbrica di materassi di Pietro Russo a Santa Maria Capua Vetere. È l'unico dei loro bersagli ad avere una scorta. Perché è stato l'unico che, con Tano Grasso, tentò di organizzare un fronte contro il racket in terra casalese. Poi, il 30 maggio, a Villaricca colpiscono alla pancia Francesca Carrino, una ragazza, venticinque anni, nipote di Anna Carrino, la ex compagna di Francesco Bidognetti, pentita. Era in casa con la madre e con la nonna, ma era stata lei ad aprire la porta ai killer che si spacciavano per agenti della Dia.

Non passa nemmeno un giorno che a Casal di Principe, mentre dopo pranzo sta per andare al "Roxy bar", uccidono Michele Orsi, imprenditore dei rifiuti vicino al clan che, arrestato l'anno prima, aveva cominciato a collaborare con la magistratura svelando gli intrighi rifiuti-politica-camorra. È un omicidio eccellente che fa clamore, solleva polemiche, fa alzare la voce ai rappresentanti dello Stato. Ma non fa fermare i killer.

L'11 luglio uccidono al Lido "La Fiorente" di Varcaturo Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano. Anche lui paga per non avere anni prima ceduto alle volontà del clan. Il 4 agosto massacrano a Castel Volturno Ziber Dani e Arthur Kazani che stavano seduti ai tavoli all'aperto del "Bar Kubana" e, probabilmente, il 21 agosto Ramis Doda, venticinque anni, davanti al "Bar Freedom" di San Marcellino. Le vittime sono albanesi che arrotondavano con lo spaccio, ma avevano il permesso di soggiorno e lavoravano nei cantieri come muratori e imbianchini.

Poi il 18 agosto aprono un fuoco indiscriminato contro la villetta di Teddy Egonwman, presidente dei nigeriani in Campania, che si batte da anni contro la prostituzione delle sue connazionali, ferendo gravemente lui, sua moglie Alice e altri tre amici.

Tornano a San Marcellino il 12 settembre per uccidere Antonio Ciardullo ed Ernesto Fabozzi, massacrati mentre stavano facendo manutenzione ai camion della ditta di trasporti di cui il primo era titolare. Anche lui non aveva obbedito, e chi gli era accanto è stato ucciso perché testimone.

Infine, il 18 settembre, trivellano prima Antonio Celiento, titolare di una sala giochi a Baia Verde, e un quarto d'ora dopo aprono un fuoco di 130 proiettili di pistole e kalashnikov contro gli africani riuniti dentro e davanti la sartoria "Ob Ob Exotic Fashion" di Castel Volturno. Muoiono Samuel Kwaku, 26 anni, e Alaj Ababa, del Togo; Cristopher Adams e Alex Geemes, 28 anni, liberiani; Kwame Yulius Francis, 31 anni, e Eric Yeboah, 25, ghanesi, mentre viene ricoverato con ferite gravi Joseph Ayimbora, 34 anni, anche lui del Ghana. Solo uno o due di loro avevano forse a che fare con la droga, gli altri erano lì per caso, lavoravano duro nei cantieri o dove capitava, e pure nella sartoria.

Sedici vittime in meno di sei mesi. Qualsiasi paese democratico con una situazione del genere avrebbe vacillato. Qui da noi, nonostante tutto, neanche se n'è parlato. Neanche si era a conoscenza da Roma in su di questa scia di sangue e di questo terrorismo, che non parla arabo, che non ha stelle a cinque punte, ma comanda e domina senza contrasto.

Ammazzano chiunque si opponga. Ammazzano chiunque capiti sotto tiro, senza riguardi per nessuno. La lista dei morti potrebbe essere più lunga, molto più lunga. E per tutti questi mesi nessuno ha informato l'opinione pubblica che girava questa "paranza di fuoco". Paranza, come le barche che escono a pescare insieme in alto mare. Nessuno ne ha rivelato i nomi sino a quando non hanno fatto strage a Castel Volturno.

Ma sono sempre gli stessi, usano sempre le stesse armi, anche se cercano di modificarle per trarre in inganno la scientifica, segno che ne hanno a disposizione poche. Non entrano in contatto con le famiglie, stanno rigorosamente fra di loro. Ogni tanto qualcuno li intravede nei bar di qualche paesone, dove si fermano per riempirsi d'alcol. E da sei mesi nessuno riesce ad acciuffarli.

Castel Volturno, territorio dove è avvenuta la maggior parte dei delitti, non è un luogo qualsiasi. Non è un quartiere degradato, un ghetto per reietti e sfruttati come se ne possono trovare anche altrove, anche se ormai certe sue zone somigliano più alle hometown dell'Africa che al luogo di turismo balneare per il quale erano state costruite le sue villette. Castel Volturno è il luogo dove i Coppola edificarono la più grande cittadella abusiva del mondo, il celebre Villaggio Coppola.

Ottocentosessantatremila metri quadrati occupati col cemento. Che abusivamente presero il posto di una delle più grandi pinete marittime del Mediterraneo. Abusivo l'ospedale, abusiva la caserma dei carabinieri, abusive le poste. Tutto abusivo. Ci andarono ad abitare le famiglie dei soldati della Nato. Quando se ne andarono, il territorio cadde nell'abbandono più totale e divenne tutto feudo di Francesco Bidognetti e al tempo stesso territorio della mafia nigeriana.

I nigeriani hanno una mafia potente con la quale ai Casalesi conveniva allearsi, il loro paese è diventato uno snodo nel traffico internazionale di cocaina e le organizzazioni nigeriane sono potentissime, capaci di investire soprattutto nei money transfer, i punti attraverso i quali tutti gli immigrati del mondo inviano i soldi a casa. Attraverso questi, i nigeriani controllano soldi e persone. Da Castel Volturno transita la coca africana diretta soprattutto in Inghilterra. Le tasse sul traffico che quindi il clan impone non sono soltanto il pizzo sullo spaccio al minuto, ma accordi di una sorta di joint venture. Ora però i nigeriani sono potenti, potentissimi. Così come lo è la mafia albanese, con la quale i Casalesi sono in affari.

E il clan si sta slabbrando, teme di non essere più riconosciuto come chi comanda per primo e per ultimo sul territorio. Ed ecco che nei vuoti si insinuano gli uomini della paranza. Uccidono dei pesci piccoli albanesi come azione dimostrativa, fanno strage di africani - e fra questi nessuno viene dalla Nigeria - colpiscono gli ultimi anelli della catena di gerarchie etniche e criminali. Muoiono ragazzi onesti, ma come sempre, in questa terra, per morire non dev'esserci una ragione. E basta poco per essere diffamati.

I ragazzi africani uccisi erano immediatamente tutti "trafficanti" come furono "camorristi" Giuseppe Rovescio e Vincenzo Natale, ammazzati a Villa Literno il 23 settembre 2003 perché erano fermi a prendere una birra vicino a Francesco Galoppo, affiliato del clan Bidognetti. Anche loro furono subito battezzati come criminali.

Non è la prima volta che si compie da quelle parti una mattanza di immigrati. Nel 1990 Augusto La Torre, boss di Mondragone, partì con i suoi fedelissimi alla volta di un bar che, pur gestito da italiani, era diventato un punto di incontro per lo spaccio degli africani. Tutto avveniva sempre lungo la statale Domitiana, a Pescopagano, pochi chilometri a nord di Castel Volturno, però già in territorio mondragonese. Uccisero sei persone, fra cui il gestore, e ne ferirono molte altre. Anche quello era stato il culmine di una serie di azioni contro gli stranieri, ma i Casalesi che pure approvavano le intimidazioni non gradirono la strage. La Torre dovette incassare critiche pesanti da parte di Francesco "Sandokan" Schiavone. Ma ora i tempi sono cambiati e permettono di lasciar esercitare una violenza indiscriminata a un gruppo di cocainomani armati.

Chiedo di nuovo alla mia terra che immagine abbia di sé. Lo chiedo anche a tutte quelle associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui lavorano e si impegnano. A quei pochi politici che riescono a rimanere credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della rinuncia a combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro, a tutti coloro che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra parte del mondo. A tutte queste persone. Che sono sempre di più, ma sono sempre più sole.

Come vi immaginate questa terra? Se è vero, come disse Danilo Dolci, che ciascuno cresce solo se è sognato, voi come ve li sognate questi luoghi? Non c'è stata mai così tanta attenzione rivolta alle vostre terre e quel che vi è avvenuto e vi avviene. Eppure non sembra cambiato molto. I due boss che comandano continuano a comandare e ad essere liberi. Antonio Iovine e Michele Zagaria. Dodici anni di latitanza. Anche di loro si sa dove sono. Il primo è a San Cipriano d'Aversa, il secondo a Casapesenna. In un territorio grande come un fazzoletto di terra, possibile che non si riesca a scovarli?

È storia antica quella dei latitanti ricercati in tutto il mondo e poi trovati proprio a casa loro. Ma è storia nuova che ormai ne abbiano parlato più e più volte giornali e tv, che politici di ogni colore abbiano promesso che li faranno arrestare. Ma intanto il tempo passa e nulla accade. E sono lì. Passeggiano, parlano, incontrano persone.

Ho visto che nella mia terra sono comparse scritte contro di me. Saviano merda. Saviano verme. E un'enorme bara con il mio nome. E poi insulti, continue denigrazioni a partire dalla più ricorrente e banale: "Quello s'è fatto i soldi". Col mio lavoro di scrittore adesso riesco a vivere e, per fortuna, pagarmi gli avvocati. E loro? Loro che comandano imperi economici e si fanno costruire ville faraoniche in paesi dove non ci sono nemmeno le strade asfaltate?

Loro che per lo smaltimento di rifiuti tossici sono riusciti in una sola operazione a incassare sino a 500 milioni di euro e hanno imbottito la nostra terra di veleni al punto tale di far lievitare fino al 24% certi tumori, e le malformazioni congenite fino all'84% per cento? Soldi veri che generano, secondo l'Osservatorio epidemiologico campano, una media di 7.172,5 morti per tumore all'anno in Campania. E ad arricchirsi sulle disgrazie di questa terra sarei io con le mie parole, o i carabinieri e i magistrati, i cronisti e tutti gli altri che con libri o film o in ogni altro modo continuano a denunciare? Com'è possibile che si crei un tale capovolgimento di prospettive? Com'è possibile che anche persone oneste si uniscano a questo coro? Pur conoscendo la mia terra, di fronte a tutto questo io rimango incredulo e sgomento e anche ferito al punto che fatico a trovare la mia voce.

Perché il dolore porta ad ammutolire, perché l'ostilità porta a non sapere a chi parlare. E allora a chi devo rivolgermi, che cosa dico? Come faccio a dire alla mia terra di smettere di essere schiacciata tra l'arroganza dei forti e la codardia dei deboli? Oggi qui in questa stanza dove sono, ospite di chi mi protegge, è il mio compleanno. Penso a tutti i compleanni passati così, da quando ho la scorta, un po' nervoso, un po' triste e soprattutto solo.

Penso che non potrò mai più passarne uno normale nella mia terra, che non potrò mai più metterci piede. Rimpiango come un malato senza speranze tutti i compleanni trascurati, snobbati perché è solo una data qualsiasi, e un altro anno ce ne sarà uno uguale. Ormai si è aperta una voragine nel tempo e nello spazio, una ferita che non potrà mai rimarginarsi. E penso pure e soprattutto a chi vive la mia stessa condizione e non ha come me il privilegio di scriverne e parlare a molti.

Penso ad altri amici sotto scorta, Raffaele, Rosaria, Lirio, Tano, penso a Carmelina, la maestra di Mondragone che aveva denunciato il killer di un camorrista e che da allora vive sotto protezione, lontana, sola. Lasciata dal fidanzato che doveva sposare, giudicata dagli amici che si sentono schiacciati dal suo coraggio e dalla loro mediocrità. Perché non c'era stata solidarietà per il suo gesto, anzi, ci sono state critiche e abbandono. Lei ha solo seguito un richiamo della sua coscienza e ha dovuto barcamenarsi con il magro stipendio che le dà lo stato.

Cos'ha fatto Carmelina, cos'hanno fatto altri come lei per avere la vita distrutta e sradicata, mentre i boss latitanti continuano a poter vivere protetti e rispettati nelle loro terre? E chiedo alla mia terra: che cosa ci rimane? Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di ospedali lavate da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la benzina spillata da pompe di benzina loro? Vivere in case costruite da loro, bere il caffè della marca imposta da loro (ogni marca di caffè per essere venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro pentole (il clan Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche più prestigiose di pentole)?

Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro politici che riescono, come dichiarano i pentiti, ad arrivare alle più alte cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali, costruiti per creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto non c'è perdita, perché gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di vivere nel territorio con i più grandi centri commerciali del mondo e insieme uno dei più alti tassi di povertà? Passare il tempo nei locali gestiti o autorizzati da loro? Sedervi al bar vicino ai loro figli, i figli dei loro avvocati, dei loro colletti bianchi? E trovarli simpatici e innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perché loro in fondo sono solo ragazzi, che colpa hanno dei loro padri.

E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma di smettere di accettare e di subire sempre, smettere di pensare che almeno c'è ordine, che almeno c'è lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo, continuare ad andare avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si è già nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo possibile sicuramente.

Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori emigrare e i rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene così? Che le serate che passate a corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro chiacchiere, possano bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose, mentre intorno a voi c'è una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia e parla perde ogni cosa. Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati? Come è possibile che solo gli ultimi degli ultimi, gli africani di Castel Volturno che subiscono lo sfruttamento e la violenza dei clan italiani e di altri africani, abbiano saputo una volta tirare fuori più rabbia che paura e rassegnazione? Non posso credere che un sud così ricco di talenti e forze possa davvero accontentarsi solo di questo.

La Calabria ha il Pil più basso d'Italia ma "Cosa Nuova", ossia la ?ndrangheta, fattura quanto e più di una intera manovra finanziaria italiana. Alitalia sarà in crisi, ma a Grazzanise, in un territorio marcio di camorra, si sta per costruire il più grande aeroporto italiano, il più vasto del Mediterraneo. Una terra condannata a far circolare enormi capitali senza avere uno straccio di sviluppo vero, e invece ha danaro, profitto, cemento che ha il sapore del saccheggio, non della crescita.

Non posso credere che riescano a resistere soltanto pochi individui eccezionali. Che la denuncia sia ormai solo il compito dei pochi singoli, preti, maestri, medici, i pochi politici onesti e gruppi che interpretano il ruolo della società civile. E il resto? Gli altri se ne stanno buoni e zitti, tramortiti dalla paura? La paura. L'alibi maggiore. Fa sentire tutti a posto perché è in suo nome che si tutelano la famiglia, gli affetti, la propria vita innocente, il proprio sacrosanto diritto a viverla e costruirla.

Ma non avere più paura non sarebbe difficile. Basterebbe agire, ma non da soli. La paura va a braccetto con l'isolamento. Ogni volta che qualcuno si tira indietro crea altra paura, che crea ancora altra paura, in un crescendo esponenziale che immobilizza, erode, lentamente manda in rovina.

"Si può edificare la felicità del mondo sulle spalle di un unico bambino maltrattato?", domanda Ivan Karamazov a suo fratello Aljo?a. Ma voi non volete un mondo perfetto, volete solo una vita tranquilla e semplice, una quotidianità accettabile, il calore di una famiglia. Accontentarvi di questo pensate che vi metta al riparo da ansie e dolori. E forse ci riuscite, riuscite a trovare una dimensione in cui trovate serenità. Ma a che prezzo?

Se i vostri figli dovessero nascere malati o ammalarsi, se un'altra volta dovreste rivolgervi a un politico che in cambio di un voto vi darà un lavoro senza il quale anche i vostri piccoli sogni e progetti finirebbero nel vuoto, quando faticherete ad ottenere un mutuo per la vostra casa mentre i direttori delle stesse banche saranno sempre disponibili con chi comanda, quando vedrete tutto questo forse vi renderete conto che non c'è riparo, che non esiste nessun ambito protetto, e che l'atteggiamento che pensavate realistico e saggiamente disincantato vi ha appestato l'anima di un risentimento e rancore che toglie ogni gusto alla vostra vita.

Perché se tutto ciò è triste la cosa ancora più triste è l'abitudine. Abituarsi che non ci sia null'altro da fare che rassegnarsi, arrangiarsi o andare via. Chiedo alla mia terra se riesce ancora ad immaginare di poter scegliere. Le chiedo se è in grado di compiere almeno quel primo gesto di libertà che sta nel riuscire a pensarsi diversa, pensarsi libera. Non rassegnarsi ad accettare come un destino naturale quel che è invece opera degli uomini.

Quegli uomini possono strapparti alla tua terra e al tuo passato, portarti via la serenità, impedirti di trovare una casa, scriverti insulti sulle pareti del tuo paese, possono fare il deserto intorno a te. Ma non possono estirpare quel che resta una certezza e, per questo, rimane pure una speranza. Che non è giusto, non è per niente naturale, far sottostare un territorio al dominio della violenza e dello sfruttamento senza limiti. E che non deve andare avanti così perché così è sempre stato. Anche perché non è vero che tutto è sempre uguale, ma è sempre peggio.

Perché la devastazione cresce proporzionalmente con i loro affari, perché è irreversibile come la terra una volta per tutte appestata, perché non conosce limiti. Perché là fuori si aggirano sei killer abbrutiti e strafatti, con licenza di uccidere e non mandato, che non si fermano di fronte a nessuno. Perché sono loro l'immagine e somiglianza di ciò che regna oggi su queste terre e di quel che le attende domani, dopodomani, nel futuro. Bisogna trovare la forza di cambiare. Ora, o mai più.


Tratto da:
Saviano, lettera a Gomorra. Tra killer e omertà di Roberto Saviano
su
Repubblica.it, 22 settembre 2008


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martedì 23 settembre 2008

AmmazzateciTutti rischia di chiudere entro un mese


Locri, 22 set 2008 - Mancano solo ventidue giorni alla chiusura del sito AmmazzateciTutti causato dalla mancanza di fondi e dai continui boicottaggi, basterebbero 30.000 euro per far continuare una speranza. Una lettera aperta per cercare insieme una soluzione.

Cari italiani, care italiane,
quando abbiamo deciso di fondare Ammazzateci Tutti, in quel lembo di terra meravigliosa e disgraziata che si chiama Calabria, abbiamo cercato di concentrare le poche, pochissime risorse disponibili e le tante, tantissime speranze, di tutta quella gente che non ce la faceva più a vivere “incellophanata” dall'omertà e, soprattutto, dalla paura.

Per essere davvero liberi non ci siamo mai voluti legare a nessun carrozzone, né politico né imprenditoriale. Solo con il tempo abbiamo capito che è stata una scelta coraggiosa, una sfida più grande di noi, che ha certamente appesantito - non di poco - le già tante preoccupazioni che avevamo comunque messo in conto.

Pensate, invece, come sarebbe stato fin troppo conveniente e facile per noi sceglierci uno o più “Mecenate”, anche i meno peggiori e, nel portare silenziosamente acqua al loro mulino, ottenerne laute ricompense in termini economico-logistici (apertura sedi, pubbliche relazioni con gente che conta, produzione di gadget, pianificazione di campagne pubblicitarie, ecc..).

Ma abbiamo fatto la scelta di essere come gli straccioni di Valmy, abbiamo scelto di combattere contro mostri pieni di soldi e di potere, anche indicandoli con nome e cognome, a nostro rischio e pericolo, facendo ogni giorno la nostra parte anche se rimanevamo e rimaniamo sempre più ai margini dello studio, delle professioni, delle assunzioni, dei diritti di cittadini, mentre chi ha certamente meno titoli ma più amici nelle stanze del potere riesce a laurearsi, ottiene consulenze, incarichi, sponsorizzazioni. E il loro “esercito” diventa ogni giorno più potente ed incontrastabile, mentre il nostro fa i salti mortali per riuscire a sopravvivere e sostenere anche l'azione di magistrati ed uomini delle forze dell'ordine coraggiosi che si trovano finanche nella situazione di dover pagare loro la benzina delle auto di servizio o i toner nelle fotocopiatrici di caserme, commissariati e Procure.

Adesso bisogna ragionare seriamente sul ruolo e l'incisività che Ammazzateci Tutti può rappresentare in Italia oggi e domani, se e quanto valga la pena continuare.
E lo facciamo iniziando a fare i cosiddetti “conti”: se in termini di consenso e sensibilizzazione il bilancio è in segno positivo ed in netta ascesa costante (partendo dalla Calabria oggi siamo in più di 8.000 ragazzi e ragazze in tutta Italia, dalla Lombardia, alla Sicilia, al Lazio, al Veneto, alla Puglia, al Piemonte, alla Campania), non possiamo dire altrettanto in termini di spese vive sostenute per mantenere aperta la baracca.

L'idea di portare sul web e nei territori le nostre rivendicazioni, la nostra voglia di gridare al mondo intero che l'Italia non è solo mafia, che non è colpa nostra se emergono sempre e solo i nostri peggiori concittadini, ci hanno portato a scommettere (e rischiare) sulla nostra stessa pelle il prezzo dell'impegno che ci siamo assunti tre anni fa di fronte a tutti gli italiani onesti.

E come se non bastassero le querele, le preoccupazioni, le intimidazioni implicite ed esplicite alle quali siamo ormai abituati, adesso ci troviamo nella situazione in cui - lo diciamo chiaramente - non possiamo più permetterci il “lusso” di continuare con le nostre attività sui territori e quelle telematiche.

Partiamo dal nostro sito internet, generosamente ospitato gratuitamente sin dalla nascita su un piccolo server di una azienda calabrese alla quale abbiamo procurato, con la nostra presenza, solo e soltanto danni e preoccupazioni.
Ci hanno defacciato il sito per decine di volte, siamo stati vittime di ben 5 attacchi informatici, dei quali due violentissimi (che hanno costretto l'azienda a buttare il server ed acquistarne uno nuovo) ed ora, proprio ieri, veniamo a sapere che, sempre a causa nostra, alcuni pirati informatici sono riusciti a violare nuovamente il server trasformandolo questa volta in uno “zombie” (così si definisce in gergo tecnico) atto a frodare migliaia di persone in tutto il mondo mediante phishing su conti bancari esteri. Per capire meglio la gravità della situazione basti pensare che siamo stati contattati direttamente dai responsabili della sicurezza informatica di due importanti istituti bancari in Australia ed il Belgio, i quali hanno anche tenuto ad informarci delle responsabilità penali di fronte alla legge nostre e dell'azienda che ci ospita.

Quantificare ora il danno economico e quello eventualmente penale, ci porta inevitabilmente a stabilire che la nostra esistenza dovrà essere indipendente da ogni preoccupazione futura e, quindi, essere disposti anche a trarne le estreme conseguenze: partendo dalla chiusura di Ammazzatecitutti.org e degli spazi di comunicazione ad esso collegati (forum, ecc..).

A questi conti che non tornano dobbiamo aggiungere diverse migliaia di euro di debiti contratti (anche personalmente) nell'organizzazione delle nostre iniziative (sostenute solo parzialmente dalle poche Istituzioni alle quali ci siamo rivolti).
Senza contare il fatto che ormai i nostri ragazzi stanno devolvendo interamente alla causa le loro paghette settimanali in ricariche telefoniche e fotocopie.

Per questo ci appelliamo a tutti voi, chiedendovi un piccolo grande gesto di solidarietà; diventate nostri "azionisti", almeno noi cercheremo di non fare la fine di Parmalat e Alitalia.

Non parliamo di milioni, a conti fatti basterebbero 30 mila euro per farci riprendere fiato e metterci in condizione di fissare obiettivi di medio-lungo termine.

Lo facciamo stabilendo una data simbolica: il 16 ottobre prossimo, terzo anniversario dell'omicidio Fortugno e quindi della nostra “nascita”. Se entro questa data non dovessimo riuscire a sanare ogni passivo saremo costretti a staccarci la spina da soli, archiviando prematuramente questa bellissima esperienza. Con la morte nel cuore.

Dobbiamo dimostrarci persone serie, soprattutto con chi ci guarda da sempre con ammirazione, stima ed aspettative che non meritiamo, perché, come dice spesso Monsignor Giancarlo Bregantini, <> ed evidentemente noi abbiamo fallito, non riuscendo ad organizzare degnamente le speranze di tutti noi, di tutti voi.


Tratto da:
AmmazzateciTutti rischia di chiudere entro un mese di Aldo Pecora e Rosanna Scopelliti
su
Coordinamento nazionale “AmmazzateciTutti”, 17 settembre 2008


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lunedì 22 settembre 2008

JATEVENNE DAY


Chiaiano - Sabato 27 Settembre, ore 16.00, ci si troverà nello spazio antistante la Stazione della metropolitana di Chiaiano per dar vita alla Manifestazione Nazionale contro la devastazione ambientale, iniziativa promossa dal Presidio Permanente di Chiaiano e Marano

Le istituzioni dichiarano risolta l’Emergenza Rifiuti ma la verità è sotto gli occhi di tutti; i rifiuti non sono scomparsi, è stata solo cambiata la loro collocazione, dalla città sono stati trasferiti alle periferie napoletane come Taverna del Re, e nei territori agricoli del beneventano e dell’avellinese.
Da 4 mesi, la comunità di Chiaiano e Marano si batte contro la costruzione della discarica all’interno della Selva di Chiaiano manifestando dissenso per l’occupazione militare da parte della Brigata Garibaldi di ritorno dall’Iraq.
Il Jatevenne Day fissato per il 27 settembre chiama a raccolta tutti coloro che si battono per la difesa dei beni comuni e il diritto al dissenso. Gli inceneritori sono stati riconosciuti come altamente cancerogeni, eppure l’Italia è l’unico paese che finanzia chi brucia i rifiuti. Per meri motivi camorristico-finanziari la raccolta differenziata nella Provincia di Napoli e Caserta continua ad essere boicottata. Le alternative invece sono semplici e possibili: riciclo, raccolta differenziata e trattamento ‘meccanico-Biologico’ del residuo.
Questa manifestazione vuole ribadire e ricordare che le alternative agli inceneritori ci sono, manca solo la volontà.
Per adesioni : jatevenneday@chiaianodiscarica.it


di Susanna Ambivero



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La consultazione sulla base di Vicenza si farà


Vicenza, 22 set 2008 - La consultazione sulla base USA di Vicenza si farà. Il TAR del Veneto ha respinto il ricorso presentato dal Comitato “SI Dal Molin” che ne chiedeva la sospensiva. Per il TAR Veneto la consultazione non rappresenta danno per i cittadini, è un’iniziativa a scopo esplorativo come prevede lo Statuto comunale ed è legittima.

Il 5 Ottobre prossimo le cittadine e i cittadini di Vicenza potranno finalmente pronunciarsi sul raddoppio della base militare americana e riprendersi, anche se tardivamente, quello spazio di democrazia che finora è stato loro negato.
Per la seconda volta il TAR del Veneto dà ragione a quanti –in testa i Comitati NO Dal Molin e la nuova maggioranza in Consiglio Comunale- hanno testardamente combattuto perché la comunità vicentina potesse prendere la parola su una scelta così invasiva fatta sulla sua testa da ben due governi e da un’amministrazione di centrodestra che, proprio su questo, ha perso le elezioni.

Dopo due anni di mobilitazioni popolari straordinarie per questa città i fautori della base sono ancora sconfitti. Eppure le pressioni per far recedere il Sindaco di centrosinistra sono state messe in campo tutte e senza andare tanto per il sottile. I ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, le minacce neanche tanto velate dell’attuale ministro della Difesa, il richiamo all’ordine –tramite lettera- di Silvio Berlusconi, gli appelli ultimativi all’interesse e alla dignità nazionali da parte del Commissario On.Costa, al servizio ieri di Prodi, oggi di Berlusconi e ormai acerrimo nemico del suo collega di partito, il Sindaco Variati.
Per non parlare della campagna intimidatoria degli esponenti locali del PdL volta a rappresentare questa consultazione ora come inutile, ora come dissipatrice delle finanze comunali, ora illegittima e pericolosa, quando non generatrice di brogli elettorali e dunque manipolata.
L’appello ormai, visto i due pronunciamenti del TAR, si riduce ossessivamente al consiglio di disertare le urne, di non votare visto che ormai tutto è deciso e nulla può più cambiare.
L’impressione invece è che abbiano una gran paura che questa consultazione abbia successo.
Il quesito è piuttosto ingarbugliato e difficile, e chi dice NO alla base deve votare al contrario SI; il quorum voluto dal Consiglio Comunale di 35.000 elettori è alto perché rappresenta circa il 50% del corpo elettorale.
La sfida è perciò tutt’altro che semplice e richiede in queste settimane uno sforzo grande di mobilitazione, informazione, dialogo.

Anche per questo l’intervento della polizia inaspettato e particolarmente ingiustificato è apparso un inquietante campanello d’allarme.
Sembrava dire: ”rassegnatevi, la partita è chiusa” ed era anche un segnale alla città che chi dopo due anni non rinuncia a battersi è un’esigua minoranza di estremisti e di incoscienti.
Non è stato l’On.Costa non più tardi di due giorni fa a ripetere che il terreno Dal Molin era già stato consegnato agli Americani e che ogni protesta era illegittima e provocatoria?

Sappiamo che attorno a questa base si giocano interessi potenti e che nessuno di coloro che l’hanno imposta alla città di Vicenza si sarebbe aspettato una resistenza così attiva, così popolare, così testarda.
Ricordo ancora i sorrisini di compatimento di chi in Parlamento a destra come a sinistra mi chiamava la Signora Dal Molin e mi invitava calorosamente a lasciar perdere perché le cose erano già decise.
Ricordo le bugie ripetute da stimabili Ministri del Governo Prodi e da Prodi stesso nell’aula della Camera, ricordo gli appelli di 170 parlamentari della allora maggioranza di governo e il comunicato dei Ministri della Sinistra perché ci si ripensasse. E ricordo con quanta arroganza furono ignorati.

Ma ricordo anche la grande e pacifica manifestazione del Dicembre 2006 piena di giovani e di vicentini e quella altrettanto pacifica e oceanica del febbraio 2007 e i convegni, i dibattiti, le preghiere, i sit-in, i cortei che da più di due anni vivono in questa città. E la sconfitta del centrodestra alle recenti elezioni amministrative che nessuno credeva possibile.

Eppure tutto questo è stato possibile e ha cambiato profondamente la cultura e i comportamenti dei cittadini.
La Politica con la P maiuscola non se n’è accorta e ha proseguito distratta per la sua strada. Una strada parallela e lontana dalla vita quotidiana. Un’indifferenza e un’autosufficienza che hanno portato il centrodestra locale a perdere in quella che considerava una sua roccaforte e il centrosinistra a vincere a sua insaputa in una città data politicamente per perduta.
Se fino ad oggi le cose sono andate bene per la causa deI NO Dal Molin, perché non potrebbe continuare la “buona sorte” anche il 5 Ottobre, data della consultazione vicentina?


Tratto da:
La consultazione sulla base di Vicenza si farà di Lalla Trupia
su
Articolo 21, 22 settembre 2008



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L'Unione europea dei movimenti si è riunita a Malmoe


I partecipanti al Forum sociale europeo di Malmoe disegnano un'altra Unione europea. I partecipanti hanno ribadito la loro opposizione al Trattato di Lisbona. E si prepara un grande referendum autogestito sulla trasformazione dell'organizzazione istituzionale europea. A partire da un più grande potere al parlamento europeo, unica istituzione eletta a suffraggio universale.

Una discussione seria e per alcuni aspetti imprevista quella che si è svolta nel seminario su «Europa:come costruire istituzioni democratiche?». Non è un mistero che in particolare nei paesi del nord Europa un’ampia parte del movimento altermondialista sia stato fino ad ora molto freddo verso la costruzione dell’Europa. Per essere ancora più chiari si può affermare che vi sono state anche posizioni antieuropeiste.

D’altra parte il movimento è l’unico soggetto che da sempre svolge un ruolo sovranazionale anteponendo gli interessi universali a quelli pubblicizzati come «nazionali», ma il più delle volte corrispondenti agli interessi dei grandi potentati economici.

Alla discussione hanno partecipato rappresentanti di molti paesi con ruoli differenti: esponenti di movimenti, associazioni, centri studi, europarlamentari e alcuni tra gli estensori della «Carta per un’altra Europa», risultato di un lungo lavoro che ha coinvolto decine e decine di persone da tutta Europa.

Ne è emersa un’analisi fortemente condivisa e alcune proposte che saranno approfondite nei prossimi giorni. La grandissima maggioranza dei partecipanti a questo forum vive nell’Ue ma fino ad ora il governo europeo, la Commissione, era stato quasi ignorato. La lotta contro la direttiva Bolkestein è stata forse la prima mobilitazione che ha coinvolto tutti i movimenti dei 27 paesi. Negli ultimi mesi, sia a causa delle direttive sui migranti che di quelle sul lavoro, è cresciuta enormemente la consapevolezza che ormai l’Ue incide pesantemente nell’esistenza di ciascuno di noi.

E’ anche convinzione condivisa che l’obiettivo futuro debba essere la costruzione di un mondo multicentrico, di macroregioni sociali, economiche e politiche in grado di costruire tra loro relazioni egualitarie. Non solo infatti nessuno condivide l’attuale sistema unipolare, ma non vi sono, qui a Malmo, rimpianti per il bipolarismo del XX secolo. Vi è invece la certezza d’ell’impossibilità di fermare la Storia, ammesso che questo possa essere il desiderio di qualcuno, e tornare ad una supposta autosufficienza dello stato-nazione.

Costruiamo quindi l’Europa; ma con quali percorsi? Appartiene alla storia di tutto il movimento la convinzione che la costruzione dell’Europa debba realizzarsi dal basso, con il coinvolgimento delle realtà sociali organizzate, ed è altrettanto un giudizio condiviso l’opposizione al minitrattato di Lisbona, vero e proprio inno al liberismo. Ma tutto ciò non è sufficiente.

Dopo la bocciatura irlandese del minitrattato due sembrano le scelte possibili: lasciare immutata la situazione attuale con un’Unione europea sempre più mercato e sempre meno soggetto politico [e segnato da un forte deficit democratico], oppure procedere con un’Europa a due velocità, una di serie A e una di serie B, aumentando ulteriormente le differenze sociali.

Per noi nessuna delle due strade è accettabile. E’ quindi necessario, ma non sufficiente, ribadire l’opposizione al minitrattato. E’ indispensabile avanzare delle proposte in positivo anche sul difficile terreno istituzionale.

La discussione ne ha cominciato ad individuare alcune: maggior potere al parlamento europeo, unica istituzione eletta a suffragio universale, sottraendo ad esempio al Consiglio l’esclusività nella gestione della politica estera e alla Commissione il monopolio degli accordi commerciali; abolizione della Commissione, attualmente nominata dai governi e sua sostituzione con un governo europeo eletto dal parlamento; modifica dell’attuale status della Banca centrale europea che sfugge a qualunque controllo di istituzioni democraticamente elette e che comportandosi come un ente privato determina le politiche monetarie dei paesi dell’Ue con pesanti ricadute sui cittadini.

Pur essendo necessari molti altri approfondimenti è stata colta con interesse la proposta del movimento federalista di affiancare alle prossime elezioni europee un referendum/sondaggio proponendo ai cittadini di pronunciarsi su alcune proposte di cambiamento dell’attuale organizzazione istituzionale. Oltre a quelle già accennate, altre proposte potrebbero affrontare le questioni delle «leggi europee» d’’iniziativa popolare, la trasparenza delle decisioni, il ruolo anche istituzionale delle strutture sociali intermedie, la cittadinanza europea ecc.

Forse non si riuscirà ad arrivare ad un refendum/sondaggio autogestito: la discussione è appena avviata e deve diventare patrimonio di tutto il movimento, le forze disponibili sono limitate, considerato lo stato di salute dei movimenti europei e l’enorme impegno necessario per organizzare una simile iniziativa; ma il dado è stato lanciato e la discussione avviata. Un passo avanti importante su uno dei terreni più difficili da affrontare per i movimenti sociali.


Tratto da:
L'Unione europea dei movimenti si è riunita a Malmoe di Vittorio Agnoletto
su Carta
, Italia, 19 settembre 2008


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venerdì 19 settembre 2008

Un botta e risposta inquietante


19 set 2008 - La giornata sembrava già piena di emozioni per la famiglia Masciari, eppure al comunicato ufficiale degli “Amici di Pino Masciari” che denunciava la revoca della scorta, è seguita la smentita da parte del sottosegretario all’interno Mantovano e la successiva sconfessione di quest’ultimo da parte di documenti ufficiali che confermano la revoca della scorta per gli spostamenti del Masciari.

… durante la mattinata di oggi gli Amici di Pino Masciari hanno emesso il comunicato stampa che denuncia la revoca della scorta per gli spostamenti del sig. Masciari.

Ne è seguita la smentita ufficiale (a mezzo Ansa) che afferma –cito- ''La notizia secondo la quale la Commissione centrale sui programmi di protezione per i testimoni di giustizia avrebbe revocato la scorta al signor Pino Masciari e' del tutto infondata''. Lo afferma il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ribadendo che ''il programma di protezione e' tuttora in vigore''. La notizia della revoca della scorta era stata diffusa dal comitato 'Amici di Pino Masciari'. http://www.strill.it/index.php?option=com_content&view=article&id=22898:ndrangheta-mantovano-qnon-e-stata-revocata-la-scorta-a-masciariq&catid=40:reggio&Itemid=86

A questo punto gli “Amici di Pino Masciari” emettono un ulteriore comunicato – cito- In relazione alla risposta dell’on. Mantovano, riportata dall’agenzia Ansa questo pomeriggio che smentisce che sia stata revocata la scorta a Masciari, replichiamo con le parole della “formale comunicazione al testimone di giustizia Masciari Giuseppe del contenuto della nota n. 70714 del S.C.P. di data 18/09/2008” ricevuta oggi stesso alle 12.25 dagli Operatori del Servizio Centrale di Protezione:
“ In esito alle istanze presentate dal sig. MASCIARI Giuseppe con le quali ha chiesto accompagnamento e scorta durante i suoi viaggi” per “tutti gli spostamenti che avranno luogo nel periodo 19 settembre-19 ottobre, non sono state accolte. Il teste potrà in ogni caso, effettuare tali spostamenti in piena autonomia.”A conferma di ciò e ribadendo il nostro precedente comunicato, in questo momento, Pino, persona sottoposta da programma di protezione, è partito dalla località dove vive, accompagnato dagli Amici di Pino Masciari che fanno da scudo umano e da scorta civile e fungono da osservatorio che testimonia come la sua sicurezza negli spostamenti non è garantita dal personale delle forze dell’ordine, ma è garantita esclusivamente dalla rete dei suoi Amici e della società civile.


di Susanna Ambivero



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COMUNICATO STAMPA Amici di Pino Masciari


19 set 2008 - Mantovano revoca la scorta di cui usufruiva Pino Masciari in occasione degli incontri Pubblici organizzati da Istituzioni, Scuole, Associazioni e Gruppi Sociali finalizzati a d un percorso di Legalita’ e Giustizia.

Nella giornata di giovedì 18 settembre 2008 il presidente della Commissione Centrale di Protezione, Alfredo Mantovano, ha comunicato al testimone di giustizia Giuseppe Masciari per tramite del Servizio Centrale di Protezione- Roma, la revoca della scorta per i suoi spostamenti, autorizzandolo “a muoversi in autonomia” da solo e con mezzi propri.

La decisione del sottosegretario all'Interno Mantovano è intimidatoria: da un lato non considera più i rischi che gravano su un testimone di giustizia, in virtù delle sue denunce; dall'altro “autorizza” gli spostamenti di Pino, come se la vita dei testimoni potesse essere decisa da chi invece deve garantirne la protezione.
Già in passato l'onorevole di AN, nello stesso ruolo, aveva prima considerato a rischio la vita di Pino e della sua famiglia tanto da non autorizzare il rientro in località di origine, nemmeno per i processi. Allo stesso tempo però gli impose l'esclusione dal programma di protezione considerando terminata la sua funzione di testimone di giustizia. La Commissione Antimafia nella Relazione sui testimoni di giustizia approvata all’unanimità il 20 febbraio 2008 ha evidenziato le criticità in materia
Mai complici di MantovanoNoi, Amici di Pino Masciari, non vogliamo essere complici di queste decisioni politiche che riteniamo gravi segnali, specchio di come si vuole gestire la lotta alla criminalità organizzata.
Solo qualche mese fa, in occasione dell'uccisione di Domenico Noviello, imprenditore campano che aveva denunciato il racket, Mantovano si pronunciò a favore della funzione educativa dei testimoni di giustizia indicando il loro intervento nelle scuole come strada da intraprendere per combattere la cultura mafiosa.
Pino Masciari da diversi anni ha intrapreso questo percorso di testimonianza della sua storia; la scorta revocata non gli garantisce la sicurezza nei viaggi che affronta per incontrare le Istituzioni Locali, i ragazzi delle scuole di tutta Italia, le Associazioni Antimafia e Gruppi Sociali, che lo invitano come esempio di Resistenza alle mafie.
Pino Masciari mai solo
Vogliamo restare accanto a Pino Masciari ed alla sua famiglia.
Per questo, in quanto Amici di Pino Masciari, decidiamo di cominciare la nostra protesta non violenta: come già abbiamo fatto in passato, lo accompagneremo noi, ispirandoci alla difesa popolare non violenta, ai Corpi Civili di Pace, ai PBI (Peace Brigades International).
Lo accompagneremo alle assemblee, agli incontri pubblici, affinché sia testimone del suo alto senso dello Stato e della Giustizia, ma se sarà necessario lo accompagneremo anche ai processi, perchè Pino Masciari continua ad essere un Testimone di Giustizia.
Noi abbiamo scelto da che parte stare.

Legge 457/2001- Art.10. 2 ter- Sono coperti dal segreto di ufficio oltre alla proposta dell’Art.11, tutti gli atti e i provvedimenti comunque pervenuti alla Commissione Centrale, gli atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvo gli estratti essenziali e le attività svolte per l’attuazione delle misure di protezione. Agli atti e ai provvedimenti della Commissione, salvo gli estratti essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da quelli preposti all’attuazione delle speciale misure di protezioni, si applicano altresì le norme per la tenuta e la circolazione degli atti classificati con classifica di segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.



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giovedì 18 settembre 2008

La strage continua


18 set 2008 - Non ci si fa nemmeno più caso ai morti ammazzati di mafia. Due ancora nei giorni scorsi nella terra dei Casalesi. In Italia ci si è assuefatti come voleva il Potere, con le sue collusioni con mafie ed economia illegale. I morti ammazzati sono sempre più i "testimoni di giustizia", cioè cittadini liberi, onesti imprenditori, che hanno denunciato quella o questa cosca di Cosa Nostra, 'Ndrangheta o Camorre.

Sono cittadini che con le loro famiglie hanno scelto di stare con lo Stato ed aiutare la Magistratura nella lotta a quell'intreccio mafia-politica-affari-massoneria che dal Mezzogiorno al Nord condiziona sempre più ogni scelta che ci riguarda, con l'infiltrazione nell'economia, negli appalti pubblici, negli esiti elettorali... nella gestione della cosa pubblica e del territorio...

E le mafie attendono... non hanno premura. Le loro condanne a morte sono irrevocabili e vengono eseguite quando decidono, senza fretta. Davanti a questa mattanza lo Stato è spaccato, chiunque sia a governare, dell'una o dell'altra - cosiddetta - parte. Incombono quelle pesanti contraddizioni che fanno si che le mafie non siano ancora state sconfitte. I magistrati e gli agenti dei reparti investigativi senza mezzi, vengono sempre più isolati e spesso mortificati da leggi che ne rendono il lavoro praticamente impossibile (a partire dalla cosiddetta riforma del "Giusto Processo" per arrivare a quella della normativa su Testimoni e Collaboratori di Giustizia).

Il sistema di protezione vigente non funziona. Ha falle ovunque e lo si vede nel sangue della mattanza della vendetta che continua a scorrere. Chi rompe l'omertà si affida allo Stato che però fa finta di nulla... e sempre più spesso fa sentire chi denuncia come un "peso". Si arriva all'assurdo, come ad esempio quando "deportano" il testimone e la sua famiglia (non tutta!) nella cosiddetta "sede protetta" e poi non danno il cambio di generalità, così i suoi figli vanno a scuola con quel nome e cognome su cui le cosche hanno scritto la sentenza di morte. C'è una gestione che non guarda alla necessità di garantire un reinserimento sociale adeguato e sicuro per i testimoni ed i loro familiari, ma che si limita a "monetizzare" il rapporto dando qualche milione di euro e dicendo che da quel momento devi arrangiati da solo con la tua famiglia.
Sono costretti a vivere come fantasmi, senza più "diritto", in una inesorabile e costante azione che sembra volerli spogliare anche della dignità. Spesso restano al buio perché il "funzionario" non ha provveduto a pagare la bolletta, quando non addirittura vengono "sfrattati" perché questa volta il "funzionario" si è dimenticato qual cosa d'altro. Non hai una nuova identità e quindi non puoi nemmeno lavorare perché se lo fai "rilevi la tua identità" e vieni "espulso" dal programma di (cosiddetta) protezione.

Adesso stanno per dare l'ultimo assalto. La museruola perché i testimoni tacciano e nessuno possa conoscere la loro storia ed esistenza. La Commissione Centrale del Ministero degli Interni (presieduta dal Sottosegretario di turno e non da un magistrato della Procura Nazionale Antimafia!) dovrà vagliare ogni spostamento, decidere se il testimone può o meno intervenire ad un incontro, una manifestazione o altro. Se la Commissione non dice di sì, non sarà assegnata la scorta per quello spostamento e se il Testimone decidesse di andarci ugualmente, magari per denunciare la situazione di rischio costante in cui lui, la sua famiglia, come quelle degli altri Testimoni, vivono da bersagli mobili, allora rischia l'espulsione dal programma di protezione. Anziché risolvere i problemi, anziché portare ad esempio gli imprenditori e commercianti che hanno denunciato, li si nasconde e li si abbandona... (e la mafia ringrazia).
Tutto questo nel paradosso visto che la Commissione Antimafia nel febbraio scorso ha approvato (ad unanimità!) una relazione sui Testimoni di Giustizia in cui tutto questo è evidenziato e dove puntualmente si dice cosa bisogna fare per risolvere i problemi.

Non resta che una cosa, quindi, che ciascuno di noi può fare: essere vicini a quanti hanno scelto, a rischio della propria vita, di denunciare e combattere le mafie. Questo lo possiamo fare... testimoniando che noi, ognuno di noi, con la propria faccia, è vicino a loro! Ci sono realtà di donne e uomini e soprattutto ragazze e ragazzi che lo fanno concretamente, sporcandosi le mani, come ad esempio i "presidi" di Libera Piemonte o molti Meetup degli Amici di Beppe Grillo - da quello di Torino a quello di Catanzaro, da Bologna a La Spezia, da Roma a Udine, per citarne solo alcuni - impegnati nella rete degli "Amici di Pino Masciari", dalla Casa della Legalità ad AddioPizzo...

La domanda quindi resta sempre e solo una: tu da che parte stai?


Tratto da:
La mattanza continua Scritto da Ufficio di Presidenza
su
Casa della Legalità e della Cultura, 18 settembre 2008


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mercoledì 17 settembre 2008

Pino Masciari


16 sett 2008 - Giuseppe Masciari è un imprenditore edile calabrese, nato a Catanzaro nel 1959, sottoposto a programma speciale di protezione dei testimoni di giustizia dal 1997 insieme alla moglie e ai loro due bambini a seguito delle denuncie iniziate nel 1990 contro la ‘ndrangheta e le collusioni con la politica.

La criminalità organizzata ha distrutto le sue imprese edili, rallentando le pratiche burocratiche, intralciando i rapporti con le banche, chiedendo il 6% per i politici e il 3% ai mafiosi, obbligando l’imprenditore ad assunzioni pilotate, forniture di materiali da piazzisti imposti da capo-cosca, o a regalare uffici, appartamenti, autovetture o semplicemente soldi. Nel 1992 Pino Masciari e la sua famiglia comincia ad essere oggetto di furti, incendi, danneggiamenti e minacce.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro considerato il pericolo grave e imminente a cui Pino e la sua famiglia erano sottoposti, prospettarono l'assoluta necessità di entrare sotto tutela del Servizio Centrale di Protezione. Inizia così la sua collaborazione con la giustizia.
Nel 1996 il Giudice Patrizia Pasquin dichiara la ditta "Masciari Costruzioni" fallita. A novembre 2006 lo stesso giudice finisce agli arresti domiciliari, a seguito dell'operazione "Dinasty2 - do ut des", con accuse quali corruzione in atti giudiziari, falso e truffa allo stato: vicenda che getta ombre sull'effettivo fallimento dell'impresa "Masciari Costruzioni".
Nel 1997 Pino viene allontanato dalla sua terra per proteggerlo da un imminente pericolo di vita. Undici anni vissuti “da deportato” senza alcuna speciale protezione, senza alcun cambiamento di identità, senza alcuna possibilità di lavoro, né per lui, né per sua moglie e con l’esilio perpetuo dalla sua terra a seguito della delibera della Commissione Centrale del Ministero dell’Interno del 2004.
Nei processi istruiti grazie alle sue denunce, è stato accompagnato con macchine con la targa recante le generalità della località protetta, spesso attraverso viaggi al limite dell’umano. Alle volte, in aula, è stato fatto sedere accanto a chi accusava. I giudizi dei Tribunali e le sentenze rilevano che “le dichiarazioni del Masciari sono da sole idonee a fondare un giudizio di gravità indiziaria ed evidenziano l’elevata attendibilità del dichiarante il quale si è determinato a riferire intorno alle vicissitudini al prezzo di un totale sconvolgimento della propria esistenza posto che, a seguito delle accuse mosse, è stato sottoposto allo speciale programma di protezione” ( Nota della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro del 14 ottobre 2000).
Si è dato così il via ad una serie di condanne nei confronti delle famiglie ‘ndranghetiste più potenti e pericolose e anche nei confronti di un giudice Consigliere di Stato.
Pino Masciari: "oggi ore 14.00, ricevo una telefonata da parte di Mario Romano di Napoli, un'altro imprenditore testimone di giustizia che ha denunciato e fatto arrestare i suoi estorsori. Mi ha raccontato che i malavitosi del quartiere Ponticelli hanno fermato e picchiato il figlio 14enne.”.
L’altro ieri i Casalesi hanno ucciso un imprenditore che aveva denunciato gli estorsori 10 anni fa.
Questa sarà prima o poi la fine che mi spetta...questo il brevissimo commento di Pino Masciari che attende da 43 mesi che sia fissata l’udienza del ricorso per la sentenza del Tar .


di Susanna Ambivero



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Ultime da Chiaiano


Chiaiano, 16 set 2008 - Ad una delegazione di cittadini e di tecnici, da loro nominati, è stato impedito l’ingresso nell’area militarizzata della cava Cinque Cercole in cui si voleva visionare lo stato attuale dei lavori


«Perché non siamo stati autorizzati ad entrare: abbiamo il diritto di verificare lo stato dei lavori all’interno della cava». Ieri sera quasi trecento persone si sono mosse dal Poggio Vallesana, dove si erano dati appuntamento per la consueta assemblea, per andarlo a gridare forte alle forze dell’ordine che sorvegliano l’ingresso della cava Cinque Cercole destinata dal governo ad ospitare 700 mila tonnellate di rifiuti, a partire da ottobre.

Ma il corteo è riuscito ad arrivare solo a poche centinaia di metri dall’area militarizzata perché a proteggere il confine tra Marano e Napoli c’era uno spiegamento di poliziotti. La folla è stata respinta indietro con gli scudi. Solo spintoni per chi forzava, ma non ci sono stati contusi. Non sono mancati comunque momenti di tensione mentre i residenti intonavano cori contro l’attivazione della discarica e chiedevano di poter accedere, insieme con i tecnici, all’interno del sito.

A scatenare l’iniziativa è stata la mancata autorizzazione all’accesso delle quindici persone delegate dal presidio di cittadini. I nomi erano stati fatti in Questura alcuni giorni fa. La linea dura sulla questione rifiuti è stata, comunque, ribadita dal presidente Berlusconi intervenuto ieri a «Porta a Porta». «Per quanto riguarda la differenziata - ha spiegato il premier - i Comuni che non rispetteranno i parametri fissati per legge saranno commissariati. Non ci saranno sconti. Multe a chi getta carte in terra? Sono favorevole ma solo dopo un’adeguata campagna informativa». E Berlusconi rivela anche che «le visite ufficiali a Napoli sono state otto ma potrebbero essere stati di più i viaggi di controllo».

Ma a Chiaiano la linea della fermezza viene apertamente contestata. «Ci trattano come criminali mentre invece vogliamo solo legittimamente conoscere lo stato dei lavori. Ne abbiamo il diritto», dice l’ex sindaco Mauro Bertini in prima fila accanto a cittadini comuni, giovani del centro sociale Insurgencia, i comitati civici e i consiglieri Gemma Infantocci, Angelo Liccardo e Mario Romani.

«Non abbiamo cercato lo scontro - spiega Pietro Rinaldi – ma non ci siamo tirati indietro davanti alle forze dell’ordine. Abbiamo dimostrato che non consideriamo persa la nostra causa. Le iniziative andranno avanti». E per giovedì si annuncia infatti una fiaccolata che partirà dal corso Mediterraneo. Bloccati dalla polizia, i manifestanti si sono recati a ridosso della Rotonda Titanìc dove si sono radunati in assemblea e bloccato il traffico per una trentina di minuti.


Tratto da:
Chiaiano, torna la tensione, tafferugli al corteo di Ferdinando Bocchetti
su
Il Mattino, 16 settembre 2008


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lunedì 15 settembre 2008

Bussolengo, la denuncia per sospetti abusi arriva al parlamento europeo


Bussolengo, 15 set 2008 - Martedì 16 è un giorno importante per i Rom che sarebbero stati massacrati dai carabinieri di Bussolengo. Sono in programma, infatti, il processo ai tre detenuti presso il tribunale di Verona, ma anche un incontro della Federazione Rom e Sinti Insieme con il ministro dell’interno Maroni e a Bruxelles la conferenza della Commissione europea e della Presidenza francese sulla situazione dei Rom in Europa.
A Bruxelles il caso italiano sarà al centro degli interventi di molte organizzazioni, tre le quali ENAR (European Network Against Racism). Mercoledì, invece, le stesse ONG incontreranno i gruppi del parlamento europeo, anche in vista della campagna elettorale per il parlamento europeo. Prosegue intanto il silenzio dei media italiani.


Tratto da:
Bussolengo, la denuncia arriva a Maroni e al parlamento europeo
su
CARTA, 15 settembre 2008



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Il giorno dopo la manifestazione


Vicenza, 14 set 2008 - Ieri a Vicenza pioveva, in alcuni momenti grandinava, ma l’atmosfera che si è dipinta tra le strade ritraeva tutta un’altra situazione.
Ottomila persone che manifestano con allegria lungo un percorso di quattro chilometri, da Piazza Matteotti per arrivare al Festival No Dal Molin gridando slogan improvvisati come “con la pioggia o con il sole Vicenza la base non la vuole!”


Il corteo deve essere sembrato tremendo a chi voleva scoraggiare i vicentini a difendere la propria terra facendo uso della voce grossa e proponendosi in maniera aggressiva.

Ieri si è svolta una splendida e serena celebrazione della vitalità dei cittadini che hanno affermato con forza il loro diritto a esprimersi e a essere ascoltati, anche attraverso una consultazione popolare.

Non è da sottovalutare l’altro importantissimo messaggio che ieri è partito da Vicenza:
alla manifestazione non hanno partecipato solo i cittadini di Vicenza e dintorni, si poteva notare chiaramente la presenza dei No Tav della Val di Susa, gruppi di persone arrivate direttamente da Chiaiano, il Comitato contro il Bioetanolo di Alessandria, gente che non aveva la cadenza veneta nel modo di parlare.
Ieri è stata la manifestazione non solo dei vicentini, ieri si è potuto assistere alla protesta di tanti cittadini.


di Susanna Ambivero



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venerdì 12 settembre 2008

Base Usa Vicenza: domani si torna in piazza!


Vicenza, 12 set 2008 - A Vicenza si torna in piazza, domani 13 settembre, contro la nuova installazione militare statunitense e per difendere la consultazione popolare indetta per il prossimo cinque ottobre. Il corteo partirà alle 15.00 da P.za Matteotti e si concluderà al Festival No Dal Molin, dove in serata ci sarà anche l'intervento di Natalino Balasso.

«Con 2 mila partecipanti, la manifestazione sarebbe un successo», hanno dichiarato gli organizzatori del Presidio Permanente, che, dopo le violenze subite sabato scorso dalla polizia guidata dal questore Sarlo, hanno rilanciato la manifestazione sottolineando che a Vicenza esiste «un'emergenza democratica: il governo, infatti, lavora per far saltare la consultazione popolare. La lettera di Silvio Berlusconi al Sindaco – in cui si chiede di rinunciare al referendum – e l'atteggiamento delle forze dell'ordine dimostrano che gli statunitensi e il governo temono l'espressione popolare».

Prosegue, nel frattempo, la petizione per chiedere le dimissioni del questore Sarlo, colpevole di aver portato a Vicenza la violenza: le firme raccolte in calce al testo sono già più di 1000. «Domani – proseguono i presidianti – porteremo ancora una volta in piazza il coraggio di Vicenza che non ha nessuna intenzione di piegarsi al tentativo di delegittimare la consultazione popolare e al clima di paura e violenza che il questore vorrebbe costruire per fermare la mobilitazione dei cittadini. Sarà una manifestazione pacifica, colorata come sempre dalla partecipazione dei bambini, delle famiglie e degli anziani, perché quello vicentino è un movimento popolare».


Tratto da:
Base Usa Vicenza: domani si torna in piazza!
su perlapace.it, 12 settembre 2008



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mercoledì 10 settembre 2008

Duro sgombero di una famiglia Rom


Bussolengo (Verona) 5 set 2008 - Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare. Sono stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore. La loro testimonianza

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Tratto da:
Una Bolzaneto rom a Bussolengo (Vr) di Gianluca Carmosino
su
CARTA, 10 Settembre 2008

Articoli di riferimento:
Introduzione storica ai popoli Rom e Sinti



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lunedì 8 settembre 2008

Carica della polizia sul presidio No Discariche di Grottaglie


Grottaglie (Taranto) - Lunedì 1 settembre la polizia carica il sit-in pacifico organizzato dal Presidio contro la realizzazione del Terzo Lotto della discarica di rifiuti tossici.
Donne, bambini, gente anziana: tutti i partecipanti al pacifico sit-in contro l’apertura della nuova discarica Ecolevante ed in difesa della nostra salute si è trasformato in una specie di mattanza cilena. Gente inerme, seduta per terra, presa a calci e manganellate da poliziotti e carabinieri, mentre i vigili urbani di Grottaglie chiudevano la strada al traffico per evitare che queste violenze fossero visibili anche agli automobilisti. Altri cittadini fermati sono stati identificati all’interno della discarica quasi fosse una succursale del commissariato.


Per fortuna, ci sono video, foto e prove certe di ciò che è accaduto. Chi, come noi, protesta contro ecomostri ed ecomafie, finisce per intasare gli ospedali, com’è accaduto il 1° settembre del 2008. Al pronto soccorso, sono infatti arrivati una ventina di cittadini feriti dalle forze dell’ordine. Per uno di essi, è stato necessario il ricovero. Cittadini che, al pronto soccorso, sono poi stati piantonati dagli stessi agenti di Polizia di Stato visibilmente preoccupati dalle denunce.

Malgrado questi metodi da dittatura, il presidio non si ferma. Denuncia e continuerà a denunciare tutti gli abusi di questa nuova discarica, il famigerato terzo lotto, che sorge su una condotta di acqua potabile, tra siti archeologici e realtà produttive, a due passi da una casa famiglia per diversamente abili, in una provincia – quella di Taranto – che dal punto di vista ambientale è già nel disastro.

Autorizzazioni concesse dai politicanti locali con carte falsate da gravi omissioni e violazioni delle norme ambientali della società Ecolevante: tutte questioni per le quali Ecolevante e Provincia di Taranto sono stati rinviati a giudizio.

Ma nulla di tutto ciò richiama l’attenzione delle forze dell’ordine quanto un gruppo di pacifici manifestanti da picchiare e intimidire. Andremo sino in fondo a questa brutta storia senza farci fermare dai complici degli inquinatori e invitiamo già da adesso alle prossime mobilitazioni.

Da anni i cittadini di Grottaglie portano avanti la lotta contro l’ampliamento della discarica. Da più di un anno presidiano la terra dove vorrebbero costruirla; un presidio di democrazia dal basso contro affarismi, imbrogli, devastazione ambientale, che ha conquistato l’appoggio della popolazione costruendo coscienza ed autodeterminazione.
Del terzo lotto della discarica non solo non ce n’è bisogno, ma sarebbe dannosa per tutta la popolazione, in una provincia, quella di Taranto, già pesantemente inquinata. Il presidio, insieme a tante altre realtà pugliesi combatte contro il modello inceneritorista e delle discariche sostenendo che un’altra strada si può percorrere, quella di Rifiuti Zero, e che la salute e il proprio territorio non possono essere messi in discussione.
Le cariche della polizia non fermeranno questa sacrosanta battaglia Il sit-in è sgomberato ma al presidio campeggia ancora la scritta "potranno tagliare tutti i fiori...ma non riusciranno mai a fermare la primavera!"
Basta inceneritori e discariche! Solidarietà al Presidio di Grottaglie!


Tratto da:
Solidarietà al Presidio di Grottaglie da ATTAC Italia
su
Blog del Presidio Permanente, 4 settembre 2008
Carica della polizia sul presidio di Grottaglie (Ta)
su
Carta, 3 settembre 2008


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